I sommersi e i salvati di Bergoglio by Nello Scavo

I sommersi e i salvati di Bergoglio by Nello Scavo

autore:Nello Scavo [Scavo, Nello]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858512241
editore: Piemme
pubblicato: 2017-09-26T16:00:00+00:00


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DONNE ALL’INFERNO

Trent’anni dopo essere sopravvissuta alle torture, María Alicia Milia raccontò al tribunale di Roma, dov’erano in corso i processi relativi ai desaparecidos di origine italiana, di aver appreso il vero significato della parola “trasferimento” direttamente da Alfredo Astiz, il capitano dei servizi segreti che nel 1977 si era infiltrato nella parrocchia bonaerense di Santa Cruz e aveva sterminato il gruppo fondatore delle Madres de Plaza de Mayo.

Succedeva ogni mercoledì. I “trasferiti” lasciavano l’ESMA. Nessuno sapeva da che parte sarebbero andati né che fine avrebbero fatto. Camuffata da confidenza e ammantata dal tono amichevole di chi elargisce un piccolo privilegio, in realtà anche quella verità spifferata sottovoce altro non era che un sottile strumento di tortura. «Siete troppi ed è necessario liberarsi di voi» le aveva detto il Biondino. «Di alcuni di voi, perché alcuni non ci servono più» aveva precisato come a offrirle una via d’uscita. Quando si spiegava, Astiz non mentiva. Sicuro di sé e certo della propria impunità, non temeva di rivelare particolari compromettenti. «Inizialmente li gettavamo nel fiume, però il fiume ci ha restituito alcuni di loro, quindi avevamo fatto ricorso al mare, perché noi siamo dei militari della Marina.» Meglio gli abissi e le implacabili correnti dell’oceano, per evitare che andasse a finire come nel caso delle pazze Madres della parrocchia di Santa Cruz, rigettate a riva dalle onde giorni e giorni dopo il “trasferimento”. Per fortuna degli aguzzini, le acque del fiume avevano fatto in tempo a rendere irriconoscibili quei cadaveri.

Meglio il mare, dunque. «Li buttiamo in acqua,» aveva spiegato Astiz con macabro puntiglio «ma l’acqua non è quella superficie morbida che noi conosciamo e quando una persona viene gettata da un’altezza così elevata l’acqua si trasforma in una superficie d’acciaio, i corpi si vanno a infrangere su quella superficie e si rompono la testa. E poi quello che rimane se lo mangiano le orche.»

Per María Alicia quelle parole erano peggio delle scosse elettriche inflitte con la picana. Perché alla fine di una sessione di tortura pensi che in fondo sei ancora vivo. Non ti reggi in piedi, ma ci sei. Vorresti morire, ma in fondo speri ancora di potercela fare, in un modo o nell’altro. Conoscere nel dettaglio ciò che accade, invece, ti toglie ogni speranza. Sai già come andrà a finire. E ti vedi precipitare giù per chilometri, legato mani e piedi, sapendo che, se anche il mare ti abbracciasse senza farti male, nulla potresti per risalire le sue profondità.

C’era anche qualcosa di più. Un interrogativo atroce: «Perché il Biondino lo racconta proprio a me? Per terrorizzarmi, forse?». No, non ce n’era bisogno. L’ESMA non necessitava di trucchi per spaventare. Era già orribile essere finiti lì. Allora ti poteva assalire il dubbio che in qualche modo fossi diventato simpatico a un essere spregevole.

«Senta, lei era all’ESMA quando nel dicembre del ’77 vennero sequestrate una madre di Plaza de Mayo e due suore francesi. Sa che cos’era accaduto?» La domanda rivoltale dal pubblico ministero non poteva certo coglierla di sorpresa.

«Sì, all’interno dell’ESMA si



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